Il ricco medioevo sirmionese

In età tardoromana (IV-V secolo d.C.) Sirmione diviene luogo fortificato di controllo del basso lago; è costruita una muratura di difesa lungo la penisola; un piccolo nucleo abitato si stabilisce all'interno della cinta fortificata.

l'alto Medioevo

Anche in età longobarda, a partire dall'ultimo quarto del VI secolo è presente un insediamento documentato da resti di capanne e di una necropoli.Verso la fine del regno longobardo a Sirmione faceva capo un vasto distretto (iudiciaria Sermionese), dipendente direttamente dal sovrano.

«Il distretto sirmionese perde la sua autonomia con Carlo Magno, ma Sirmione continua a mantenere anche in seguito un rapporto privilegiato con i sovrani, da cui ottiene esenzioni e concessioni particolari.»

San Salvatore

mappa degli ampiamenti successivi della chiesa di S.Salvatore
ampiamenti successivi della chiesa di S.Salvatore

Di questa chiesa altomedioevale resta oggi ben poco: essenzialmente parte dell'abside.

Fu la regina Ansa, moglie del re longobardo Desiderio, a fondare un monastero e la chiesa di San Salvatore, in un’area occupata in precedenza da capanne ed edifici abitativi, ai piedi della collina di Cortine e all’interno del castrum di Sirmione.

Il primo documento al riguardo è un diploma di Carlo Magno del 774, nel quale si menziona un “monasteriolo” fondato di recente (“novo opere”), che l’imperatore dona al monastero di Saint-Denis. Il cenobio, sia in epoca longobarda, sia poi dal IX secolo, fu però alle dipendenze di San Salvatore di Brescia e vi rimase fino alla fine del XV secolo, quando venne alienato con le sue numerose proprietà.

Nel XVI secolo la chiesa versava in pessime condizioni, tanto che ne venne proposto l’abbattimento, che tuttavia non fu attuato. Nel 1686 fu restaurata. Nel 1856 il conte Giovanni Girolamo Orti Manara ne dava una descrizione minuziosa: un edificio di 7,15 x 24,15 m in precario stato di conservazione, con presbiterio rialzato, cripta triabsidata cui si accedeva da due scalette laterali con ambiente centrale più ampio dotato di altare e sepolcri manomessi al di sotto del pavimento della navata.

Agli inizi del Novecento l’area aveva ormai assunto una destinazione agricola. Nel 1909 si poteva ancora scendere alla cripta tramite sette gradini, ma “il piccolo podere era di proprietà dei contadini che distrussero e sconvolsero tutto”.

Alcuni anni più tardi l’area fu completamente sbancata per realizzare i giardini pubblici. Questo comportò l’asporto di una mole notevole di terreno, per una profondità di circa un metro e mezzo. Vennero cancellati non solo i livelli pavimentali dell’atrio e della navata, ma anche quelli della cripta, di cui si conservarono soltanto alcuni lacerti a ridosso degli emicicli absidali, così come furono asportati tutti i sepolcri. Nel 1959 un restauro della Soprintendenza Archeologica portò al ripristino dell’aspetto primitivo dell’area absidale, rimuovendo le superfetazioni che nel corso dei restauri del 1686 avevano reso rettilinea la parete esterna orientale, andando ad occultare la sua originaria conformazione triabsidata. All’interno della cripta, interamente scavata, furono riportati alla luce gli affreschi originari.

Nel 1984 alcuni saggi di scavo a nord-est della chiesa portarono in luce alcune strutture murarie isorientate attribuite al monastero e a resti di edifici longobardi precedenti alla costruzione del cenobio, che testimoniano la presenza di un abitato, che in età altomedievale si estendeva in questa zona della penisola. A questo sono da attribuire anche numerose buche di palo e tracce di una strada nell’area orientale della chiesa. A sud dell’edificio sacro si estendeva un’area cimiteriale, in parte sbancata negli anni ’30 per la realizzazione delle scuole elementari. Tra il 1997-1998 e il 2002 sono venute alla luce un centinaio di sepolture di diversa tipologia databili tra la seconda metà dell’VIII e il XVI secolo.

La chiesa di San Salvatore è considerata uno degli esempi più interessanti di architettura tardo longobarda. Costituita da un’aula unica triabsidata, era dotata di una cripta del tutto simile ai modelli pavesi di Santa Maria alle Cacce, di età liutprandea, e di San Felice, edificata da Ansa negli stessi anni. Sopravvissuta parzialmente in alzato fino alla metà dell’Ottocento, oggi mantiene soltanto il perimetrale orientale corrispondente all’area absidale e il perimetrale settentrionale per un’altezza di circa 2,50 m, mentre il tratto orientale del lato meridionale si conserva soltanto a livello di fondazione per una lunghezza di circa m 10.

Tratto da www.gardalacus.it

San Pietro in Mavino

Altre chiese sono citate come esistenti nella cittadina in documenti dell'VIII secolo (San Pietro in Mavino, San Martino, San Vito).

chiesa di S.Pietro in Mavino
chiesa di S.Pietro in Mavino

Bellissima è in particolare la Chiesa di San Pietro in Mavino (mavina=summa vinea, vigna collocata sulla sommità, sulla sommità della penisola). Ben conservata (benchè in realtà ricostruita "quasi interamente nel XIV secolo"), essa è dominata dagli affreschi dell'abside: un Cristo giudice al centro, la crocifissione alla sua sinistra, la Madonna con Bambino alla sua destra.

Tipicamente medioevale è il tipo di raffigurazione di Cristo giudice: analogamente al Pantocratore di altre absidi, in lui prevale la dimensione divina. Non è soltanto un Uomo, ma l'Uomo-Dio, la Presenza che giudicherà ogni cosa, essendo il Verbo in cui tutto ciò che esiste è stato fatto.

Tutto in Lui si ricapitola e unifica: lo spirituale e il temporale, la fede e la ragione, la religione e la politica, l'economia, la cultura, la vita e la morte. Di tutto e di ogni cosa Egli è il Dominus, il Signore.

più in dettaglio

«L’edificio di culto attuale, datato attorno al Mille, misura 24,60 x 9,95 m ed è costituito da un’aula terminante con tre absidi semicircolari, mentre il campanile è addossato al lato meridionale.

Le ricerche condotte tra il 2005 e il 2008 presso la chiesa di San Pietro in Mavinas hanno evidenziato una sequenza relativa ad un edificio altomedievale citato in documenti della metà dell’ VIII secolo, ma ora attribuibile, grazie agli scavi, quantomeno ad epoca gota. Ad aula unica (16,50 x 8,50 m) chiusa da un’abside semicircolare (7,50 x 3,40 m), era preceduto da un atrio rettangolare (3,40 x 2,80 m) comunicante con due annessi o ali laterali, che affiancavano l’aula per tutta la lunghezza e mettevano capo a due ambienti quadrangolari prossimi all’abside, comunicanti a loro volta, tramite due varchi, con lo spazio presbiteriale. L’originaria pavimentazione della chiesa era di graniglia rifinita con cocciopesto.

Particolarmente interessante è la presenza, nell’area orientale della chiesa,di un ampio podio, rivestito di intonaco non decorato e terminante, ad est, con una struttura semicircolare (4,40 x 3,40 m), rasata, secondo i calcoli degli archeologi, poco al di sotto di quello che doveva essere l’originario piano del podio. Nel centro della struttura fu deposta una sepoltura con orientamento ovest-est. A ovest del semicerchio, chiuso da un muro di catena, il podio si protendeva verso l’aula con una piattaforma quadrata di 4,40 m di lato. In essa vi era un loculo in muratura per reliquie, situato a ridosso del muro di catena e perfettamente allineato con la tomba, che era dunque a contatto con le reliquie. Strutture simili sono state rinvenute nella chiesa di San Cassiano a Riva del Garda (Tn),a San Lorenzo di Gozzano (No) e a San Lorenzo di Aosta dove questo elemento funziona come polo di attrazione di sepolture perfettamente ordinate e probabilmente previste fin dall’origine. È dunque possibile che l’apprestamento liturgico di San Pietro in Mavinas potesse funzionare, come negli altri casi, oltre che come banco (o invece di) come monumento-reliquiario-mausoleo per sepolture privilegiate legate alle reliquie, sulle quali si trovava poi l’altare principale della chiesa.

Tra il podio e l’abside correva un deambulatorio, largo da 2 a 2,60 m, aperto agli estremi verso l’aula e pure accessibile dai due ambienti affiancati all’abside. Dalla piattaforma del podio si spingeva, oltre la metà dell’aula, un corridoio assiale lungo 4,40 m e largo 1,30 m, delimitato da due sottili muri.

Nella fase altomedievale la chiesa era decorata con un ricco arredo scultoreo del quale sono stati ricuperati una trentina di frammenti riferibili ad un ciborio con figurazioni di volatili che si abbeverano a un cantaro e una recinzione presbiteriale con colonne, capitelli corinzi e un architrave con iscrizione. Confronti puntuali con alcuni reperti di committenza desideriana provenienti dalle chiese di San Salvatore a Brescia e Sirmione, permettono di ricondurre l’arredo liturgico di San Pietro verso il terzo quarto dell’VIII secolo, in coincidenza con un generale rinnovamento dell’arredo liturgico delle chiese altomedievali in Italia settentrionale.

Le sepolture

Con la sola eccezione dei due ambienti prossimi all’abside tutti gli spazi fruibili furono utilizzati a scopo funerario. Sedici sono le tombe indagate nella navata, nove nell’atrio, mentre rispettivamente cinque e sette sono le sepolture riportate in luce negli annessi laterali. Dieci tombe, due delle quali con copertura alla cappuccina, sono state inoltre rinvenute nella fascia posta immediatamente all’esterno dell’abside e degli annessi minori nord e sud. Tutte le tombe, salvo una sepoltura nel banco presbiteriale, sono state scavate nel substrato roccioso, erano orientate ovest-est e presentavano coperture in lastre a livello dei piani pavimentali.

L’uso cimiteriale dell’edificio si protrasse sino ad età rinascimentale mentre i più antichi dei corredi rinvenuti sono riferibili ad orizzonti di epoca gota e soprattutto longobarda con corredi di fine VI – inizi VII secolo, tra cui una croce in lamina d’oro, elementi di cintura in bronzo, un bicchiere globulare e una bottiglia cilindrica in ceramica, filamenti d’oro pertinenti ad un broccato, un pettine in osso. Particolarmente interessante è il ritrovamento, all’interno della tomba al centro del banco presbiteriale, di frammenti di recipienti di vetro, alcuni dei quali forse pertinenti a lucerne del V – VI secolo.


il basso Medioevo

il castello

Nel XIII secolo «Sirmione diviene uno dei punti del sistema di fortificazione scaligero con la costruzione del Castello ad opera probabilmente di Mastino I della Scala.» (Roffia)

La funzione di controllo e di difesa, assunta in età tardoromana, continuerà sino al XVI secolo, quando nel ruolo di centro fortificato del basso lago viene sostituita da Peschiera. Il castello comunque rimarrà sino alla metà dell'Ottocento sede di guarnigione militare.

rifugio per i patarini

Nello stesso periodo è rifugio degli eretici Patarini, condannati poi al rogo a Verona (1278).

terra d'eretici?

Qualcuno ha voluto affermare, anche per questo motivo che la terra di Sirmione (e del basso Garda, perchè anche Desenzano fu interessata da analogo fenomeno) sia stata terra d'eretici e d'epicurei.
L'epicureo sarebbe stato Catullo, gli eretici appunto quelli condannati nel basso Medioevo. Una simile deduzione è però poco scientificamente fondata: prima di tutto perché non è esatto definire Catullo un epicureo, data la presenza in lui di una sincera volontà di ricerca del senso dell'esistenza;

e poi perché, accanto all'episodio degli eretici, e ben più importante di esso, ci sono moltissimi altri esempi che documentano di come Sirmione sia stata terra di fede: i monasteri di età longobarda, le bellissime chiese, e, in età contemporanea, una beata come Benedetta Bianchi Porro.

bibliografia minima

Ricerche su Sirmione longobarda
Brogiolo G. Pietro; Lusuardi Siena Silvia; Sesino Paola ; All'Insegna del Giglio, 1989.

Sirmione. La rocca scaligera
Grafo, 1981.

Castrum Sermionense. Società e cultura della 'Cisalpina' nel primo Medioevo
Grafo, 1996.

Sermione mansio. Società e cultura della 'Cisalpina' tra tarda antichità e altomedioevo
Grafo, 1995.

Insula Sirmie. Società e cultura della Cisalpina verso l'anno Mille
Grafo, 1997.